Scritto da:
Scritto il:
14 Marzo, 2024

I professionisti di Supply Chain sono abituati a dure giornate di lavoro: è per questo che non saranno spaventati dal sapere che, sulle loro spalle, devono caricarsi anche le sorti del pianeta…

No, non è così naturalmente: il futuro dei nostri figli non dipende unicamente da loro; ma certamente una connessione forte tra sostenibilità e Supply Chain esiste e dobbiamo esserne consapevoli.

Partiamo dalle definizioni: cos’è la Sostenibilità?

Seppure non ci sia una singola ed unica definizione di questo concetto, ce n’è una particolarmente evocativa: “la sostenibilità è una modalità di sviluppo che soddisfa i bisogni del presente, senza compromettere la possibilità che le generazioni future possano soddisfare i loro bisogni.”

Questo concetto va a braccetto con quello di Tripla Bottom Line: obiettivo di un’azienda non è soltanto il profitto, o soltanto il rispetto dell’ambiente, o soltanto il suo ruolo sociale, bensì un corretto mix dei tre. In questo senso non è più concepibile una strategia di business orientata esclusivamente alla bottom line più famosa (ovvero l’ultima riga del conto economico: l’utile), ma qualcosa di più rotondo, capace di trovare il giusto equilibrio tra risultati finanziari ed altre variabili che fino ad oggi sono state considerate di minore importanza (se non completamente trascurate) quali le emissioni di CO2, la generazione di rifiuti o l’impiego di materie prime vergini, lo sfruttamento dei lavoratori – se non da parte nostra, da parte di fornitori lontani e invisibili – e simili.

È facile a questo punto trovare il nesso con la Supply Chain. Vediamolo attraverso un paio di esempi.

È notizia di questi giorni la riduzione del flusso marittimo attraverso il canale di Panama. La ragione risiede nella siccità che ha colpito l’area nel corso degli ultimi mesi: quelli della stagione umida (o che umida dovrebbe essere). Il canale di Panama, infatti, può funzionare soltanto grazie al Lago Gatun, un bacino artificiale realizzato all’inizio del secolo scorso per ridurre la quantità di scavi necessari a collegare Atlantico e Pacifico: con una tecnica molto ingegnosa, basata su chiuse non diverse da quelle che si usano nei Paesi Bassi, le navi in ingresso possono essere sollevate dal livello del mare a quello del bacino artificiale, che si trova oltre venti metri più in alto. Da lì le navi possono navigare nel bacino fino alla sponda opposta, dove ridiscenderanno verso la quota idrografica dell’oceano di destinazione. Un’opera veramente straordinaria, che però ha un tallone d’Achille: il bacino, appunto. Nessuno nei primi del ‘900 si era posto il problema che le piogge fossero sufficienti a mantenere il livello dell’acqua dolce necessario per la navigabilità. Oggi però siamo di fronte alla necessità di ridurre del 40% il traffico delle merci, perché all’inizio della stagione secca l’acqua è troppo poca. Giova ricordare che da Panama transita il 5% del commercio mondiale via mare. Ecco una minaccia concreta agli affari di tutte le aziende che hanno clienti o fornitori raggiunti da quella rotta: un tipico problema di Supply Chain. In questo caso, un rischio generato sull’azienda, a causa del cambiamento climatico.

Altro esempio: le emissioni di CO2 ed il meccanismo di Cap & Trade. L’Unione Europea, tra i primi al mondo, ha adottato un meccanismo di incentivo alla riduzione di emissioni di gas serra denominato Cap & Trade. In termini semplici, ogni anno vengono emessi un certo numero di crediti, ovvero di diritti ad emettere un volume predefinito di CO2. Tali crediti sono assegnati alle aziende, le quali sono tenute a non emettere più CO2 di quanta ne prevedano tali crediti. Chi emette poca CO2, può vendere i propri crediti in eccesso. Chi ne emette di più, può decidere di ridurre le emissioni (se riesce) oppure acquistare crediti da aziende più virtuose. Con questo meccanismo, i crediti diventano una fonte di potenziali ricavi (per i virtuosi) o di perdite (per gli altri). Le supply chain determinano spesso una gran parte delle emissioni di un’azienda, sia in forma diretta (un plant di proprietà) sia indiretta (un fornitore o un 3PL): è per questo che la gestione più o meno accorta delle supply chain da parte di un’azienda ha un ulteriore impatto sul conto economico. E per inciso induce le aziende a scegliere fornitori più “puliti”, che concorreranno a renderla più virtuosa. In questo caso, la supply chain influisce sull’ambiente e – indirettamente – sul bilancio.

Due esempi – se ne potrebbero fare molti – per esprimere un concetto semplice: i professionisti di Supply Chain dovranno diventare presto esperti di sostenibilità – qualora non lo fossero già. E anche grazie alle loro competenze, potremo vincere una delle sfide più ambiziose che ci si presentano davanti: lo sviluppo sostenibile di tutte le economie del pianeta.

Get in touch

Iscriviti alla nostra Newsletter: ti promettiamo ogni mese un contenuto esclusivo sul mondo della Supply Chain, novità, interviste ed approfondimenti. Resta sempre aggiornato!

Download brochure

Scarica subito la brochure di JPS per conoscere la nostra realtà aziendale, le proposte che offriamo e i percorsi di formazione disponibili.