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28 Luglio, 2022

Gli effetti della pandemia da covid-19 e del conflitto in Ucraina sulla disponibilità di beni di varia natura (dai microchip per i computer di bordo delle auto al grano per la pastasciutta) dovrebbero aver chiarito definitivamente l’importanza del supply chain management nel garantire il corretto flusso di materiali e merci dai luoghi di raccolta e/o produzione agli scaffali dei negozi.

L’importanza della logistica all’interno della supply chain

In particolare, un tassello fondamentale di questo flusso è rappresentato dalla logistica, che il dizionario APICS definisce come “la parte del supply chain management che controlla la movimentazione, la gestione e lo stoccaggio di beni da un punto di origine ad un punto di distribuzione”.

Per valutare l’importanza della logistica all’interno della supply chain basta pensare all’impatto che ebbe, nel 1956, l’introduzione del container: inventato dall’imprenditore americano Malcolm McLean, permise di efficientare notevolmente la movimentazione dei materiali e di ridurre drasticamente i costi di trasporto, rivoluzionando il concetto di intermodalità. L’effetto fu un aumento esponenziale degli scambi commerciali a livello globale che non ha ancora esaurito la sua spinta.

L’impatto della logistica sull’ambiente

Se l’intuizione di McLean ha dato il via ad una crescita vertiginosa del trasporto merci, l’impatto di tale crescita è diventato, nel tempo, sempre meno sostenibile per l’ecosistema mondiale: ad oggi si stima che esso sia responsabile dell’8% delle emissioni di gas serra (GHG, “Greenhouse Gases”) a livello globale (percentuale che sale all’11% se si considerano anche i contributi di magazzini e porti) [1], più di un terzo delle quali è relativo al trasporto marittimo [2].

Alla luce di tali numeri si può facilmente comprendere come, a decenni di distanza dall’introduzione del primo container, la sfida che aziende, istituzioni e governi si trovano oggi ad affrontare relativamente al trasporto merci si sia spostata sull’implementazione di tecnologie e policy atte a ridurne in maniera significativa l’impatto ambientale.

Su questo tema ho avuto modo di ascoltare due podcast, entrambi prodotti dal network TED nell’ambito dell’iniziativa “Countdown”, che propone una serie di contenuti relativi all’emergenza climatica [3].

Maersk: la tecnologia “Power-to-X” per l’obiettivo zero emissioni

Nel primo podcast Jim Hagemann Snabe, CEO di Maersk (la più grande azienda di trasporto marittimo al mondo), racconta il percorso per conseguire uno degli obiettivi fissati dal board aziendale nel 2018: raggiungere la neutralità carbonica entro il 2050 [4]. Si tratta di un obiettivo sfidante ed ambizioso considerando che, una volta individuata una tecnologia a zero emissioni, il tempo necessario per convertire o sostituire l’intera flotta di Maersk (750 navi) è stimato intorno ai 20 anni.

Sfruttata al massimo la riduzione di emissioni legata allo “slow steaming”, ovvero alla navigazione più lenta, e scartate le opzioni legate al ritorno ad imbarcazioni a vela (incompatibili con l’efficienza e la puntualità richieste dalle supply chain odierne) e all’alimentazione a batterie (le cui dimensioni occuperebbero più della metà dello spazio disponibile sulle navi), la soluzione è stata trovata nell’adozione della tecnologia “Power-to-X” [5].

In estrema sintesi, la tecnologia “Power-to-X” prevede di utilizzare l’energia ottenuta da fonti rinnovabili per produrre idrogeno dall’acqua tramite elettrolisi ed impiegarlo nella produzione di combustibili sintetici gassosi (metano), liquidi (diesel, benzina, kerosene) o solidi, utilizzando CO2 catturata dall’atmosfera. I combustibili ottenuti possono quindi essere impiegati nel trasporto aereo e marittimo: il saldo nullo sulle emissioni è garantito dal fatto che, nel momento del loro utilizzo, tali combustibili rilascerebbero in atmosfera la stessa quantità di CO2 utilizzata per la loro produzione.

Come sempre non ci sono pasti gratis: oltre all’aumento dei costi di trasporto (considerando le tecnologie attuali, il costo dei combustibili “verdi” è maggiore di quello dei combustibili fossili [6]), se l’intero settore del trasporto merci adottasse tale tecnologia consumerebbe, da solo, il 50% circa dell’energia rinnovabile prodotta globalmente. Servono quindi ingenti investimenti in impianti per la produzione di energia rinnovabile, idrogeno e combustibili “verdi” e incentivi da parte dei governi che facilitino la transizione energetica.

L’ammoniaca “verde”, un combustibile a impatto zero

Il problema della ricerca di un combustibile ad emissioni zero per il trasporto navale è affrontato anche nel secondo podcast dalla giornalista Maria Gallucci, giornalista specializzata in tecnologie per la produzione di energia pulita [7].

Anche in questo caso la soluzione presentata consiste nell’utilizzare le fonti rinnovabili per produrre idrogeno tramite elettrolisi, con la differenza di usare l’idrogeno ottenuto per la produzione di ammoniaca “verde”, da usare come combustibile per alimentare le navi mercantili. Non contenendo molecole di carbonio, l’ammoniaca non avrebbe alcun impatto sulle emissioni di CO2 al momento della combustione: un vantaggio notevole rispetto ad altri combustibili sintetici “verdi”.

Se l’ammoniaca “verde” è prodotta allo stato liquido, può essere utilizzata dagli attuali motori diesel opportunamente modificati; se realizzata allo stato solido, sotto forma di celle a combustibile, richiede propulsori ad hoc, attualmente in fase di sviluppo.

Anche in questo caso, affinché l’ammoniaca “verde” diventi un combustibile utilizzato su larga scala (e quindi con costi competitivi), servono investimenti elevati per garantire una rete di produzione e distribuzione che soddisfi il fabbisogno globale, oltre a politiche ed incentivi da parte di istituzioni e governi per favorire l’abbandono dei combustibili fossili.

Le navi portacontainer hanno rappresentato un elemento rivoluzionario per il commercio globale e, in ultima analisi, per la crescita delle economie mondiali; la possibilità di alimentarle con combustibili prodotti a partire da fonti rinnovabili può rappresentare il punto di partenza di una nuova rivoluzione: rendere il trasporto merci sostenibile per il pianeta.

Referenze:

[1] International Energy Agency, CO2 Emissions from Fuel Combustion, 2018.

[2] International Maritime Organization, Fourth Greenhouse Gas Study 2020, https://www.imo.org/en/OurWork/Environment/Pages/Fourth-IMO-Greenhouse-Gas-Study-2020.aspx

[3] https://countdown.ted.com/

[4] Jim Hagemann Snabe, Dreams and details for a decarbonized future, TED,  https://www.ted.com/talks/jim_hagemann_snabe_dreams_and_details_for_a_decarbonized_future

[5] Ministero federale tedesco dell’ambiente, della conservazione della natura, della sicurezza nucleare e della protezione dei consumatori, What is “Power-to-X”? Technology explained in simple terms, https://www.youtube.com/watch?v=AygLAlTN9Io

[6] Brynolfa, S., Taljegarda, M., Grahna, M., Hansson, J., Electrofuels for the transport sector: A review of production costs, 2018.

[7] Maria Gallucci, The carbonless fuel that could change how we ship goods, TED, https://www.ted.com/talks/maria_gallucci_the_carbonless_fuel_that_could_change_how_we_ship_goods

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