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26 Novembre, 2020

Molto si è scritto e letto sul tema della disponibilità di mascherine, vaccini, tamponi, posti letto in terapia intensiva.

Per chi si occupa di Supply Chain questi argomenti sono interessanti in una doppia prospettiva: quella – comune – della persona interessata alla propria salute e a quella della propria famiglia; quella – meno comune – del professionista che vuole capire, avere contezza dei numeri, riflettere e applicare al proprio contesto.

Due letture recenti, che ho trovato molto stimolanti. Il NYT del 21 maggio – con un articolo a firma di Zimmer, Sheikh e Weiland – descrive il cauto ottimismo dovuto al fatto che già un centinaio di team di ricerca in giro per il mondo stiano contemporaneamente cercando di realizzare un vaccino efficace per il Covid-19. Inoltre, alcune case farmaceutiche stanno già effettuando test su esseri umani.
Se effettivamente si riuscisse ad ottenere un vaccino nel 2021 si batterebbe ogni record di time to market: generalmente questo processo richiede diversi anni, se non decadi, mentre in qui si parla di un periodo di 12-18 mesi.
L’elemento più confortante, comunque, risiede nel fatto che diverse aziende si stiano avvicinando al traguardo: e questo è un tema tutto di Supply Chain, più che di ricerca. Si stima infatti che per ogni individuo da trattare serviranno due somministrazioni, il che significa circa 15 miliardi di dosi. Subito. E la costruzione e messa in funzionamento delle Supply Chain per iniziare a la produzione in massa di questi volumi di farmaci non sono conteggiate nell’intervallo temporale che abbiamo visto prima! Quindi, se una sola azienda centrasse il bersaglio, non potrebbe certamente fornire il vaccino a tutto il mondo, se non nel volgere di anni.
Per scongiurare il pericolo, gli Stati Uniti hanno attivato una unità specializzata in logistica e distribuzione che già oggi si sta occupando di creare la capacità necessaria per soddisfare questa domanda, in uno schema di collaborazione tra pubblico e privato. La leadership di questa operazione (Operation Warp Speed) è affidata al generale Gustave F. Perna, che sta lavorando per costruire la Supply Chain di qualcosa che, in pratica, ancora non esiste. E che certamente avrà requisiti manifatturieri molto sfidanti – quelli tipici dell’industria farmaceutica -. Curiosamente, la sua principale preoccupazione ora è garantire la disponibilità degli accessori (bende, siringhe, fialette) per i trecento milioni di americani che dovrebbero vaccinarsi nei prossimi mesi: un approccio decisamente interessante per evitare che potenziali colli di bottiglia di articoli non critici siano aggrediti per tempo.
Quest’ultima considerazione mi ha fatto ripensare ad un altro articolo letto qualche giorno fa (fonte: Supply Chain Dive, autore D.A. Kaplan), in cui si parlava dell’importanza dei big data nella Supply Chain della pandemia. Qui si analizzano i numeri di un picco di domanda mai visto prima, riguardante prodotti tradizionalmente considerati non critici: le mascherine N95.
Le fonti dati sono Premier (un gruppo d’acquisto americano specializzato in forniture sanitarie, che serve quattromila ospedali) ed ESO (una società di software che raccoglie e analizza big data). Ebbene, il fabbisogno di N95 visto da Premier negli anni precedenti era dell’ordine di 22/25 milioni di pezzi all’anno. Nei primi due mesi del 2020 è salito a 56 milioni. In marzo, Premier aveva ordini per 110/150 milioni di respiratori N95. L’equivalente di 5/7 anni di fabbisogno pre-Covid-19. Decisamente un picco di domanda, a fronte del quale ogni previsione diventa velleitaria. Qui entra in scena ESO che analizza big data. In questo specifico contesto, in collaborazione con Premier e con il governo federale americano, traccia le mascherine N95 utilizzate dagli EMS (Emergency Medical Services: il 911 che vediamo in ogni film d’azione).

Anche per gli EMS l’uso di N95 è cresciuto come mai prima, a causa del numero molto più alto di chiamate dovute a crisi respiratorie: ebbene, il consumo di N95 per gli EMS rappresenta un leading indicator rispetto al fabbisogno negli ospedali, perché chi viene soccorso potrebbe avere il Covid e quindi potrebbe necessitare di trattamenti specifici in ospedale. Questa informazione può essere disponibile diversi giorni in anticipo se correlata agli EMS, in modo da consentire una pianificazione delle forniture – o almeno alleviare la condizione di emergenza permanente dovuta alla scarsità del prodotto o delle risorse ospedaliere disponibili -.
Il governo federale collabora con queste organizzazioni e condivide questi dati con tutti gli attori della filiera, in modo da gestire l’emergenza nelle migliori condizioni possibili: si tratta di prassi di “disaster response” già collaudate in occasione di uragani, inondazioni, terremoti e simili eventi straordinari.

E’ un tempo di grandi sfide per tutti noi e la comunità dei professionisti della Supply Chain gioca un ruolo fondamentale per alleviare le conseguenze che inevitabilmente dobbiamo affrontare come individui, come società e come genere umano.

In questi momenti la professionalità di tutti noi è sfidata e – soprattutto – indispensabile.

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