22 Giugno, 2021
Il concetto di Supply Chain è noto dalla notte dei tempi, ma la complessità delle filiere moderne è una realtà relativamente recente

Il concetto di Supply Chain è noto dalla notte dei tempi, ma la complessità delle filiere moderne è una realtà relativamente recente: una serie di fattori abilitanti – dal container ad internet, dalla facilità di viaggiare a instagram – hanno reso inevitabile il pensare le aziende in un contesto globale. E il flusso continuo e regolare di materiali, informazioni e denaro in un network planetario è dato talmente per scontato da apparire irrilevante.
La progettazione e la gestione di questa complessità è oggi una delle professioni più ricercate e a maggior valore aggiunto per qualunque organizzazione: tutti ne hanno bisogno e cercano senza sosta chi abbia il mix giusto di competenze tecniche e soft skill che occorrono per fare bene questo mestiere.
Tanti grandi professionisti di Supply Chain si sono fatti le ossa sul campo: hanno imparato studiando, ma soprattutto facendo esperienza diretta ed operativa di coordinamento tra pianificazione, acquisti, logistica, distribuzione e – più importante – servizio al cliente.
È una circostanza che non mi sorprende.
Nel secondo modulo del corso di perfezionamento per istruttori ASCM – “Learning Dynamics for Instructors” – si studia il modello di apprendimento cognitivo di Kolb, che descrive molto bene questa dinamica. Kolb ci spiega che ogni persona consolida il proprio know-how attraverso un ciclo che può essere scomposto in quattro fasi fondamentali:
- L’esperienza concreta di un fatto
- La riflessione su ciò che è accaduto
- La concettualizzazione astratta di quanto osservato
- L’applicazione del nuovo sapere in pratica
A ben riflettere, molto di ciò che sappiamo si è costruito così: ad esempio, alla prima esperienza con gli sci ai piedi, cadiamo appena la pianura diventa discesa; seduti sulla neve, ragioniamo sul fatto che affrontare il pendio direttamente con gli sci paralleli fa crescere la velocità e costruiamo l’idea che, se andassimo di traverso al pendio la velocità sarebbe più bassa e se le linee degli sci convergessero potremmo meglio controllarli; quindi ci rimettiamo faticosamente in piedi e proviamo lo spazzaneve.
Purtroppo per noi, questo processo di apprendimento è lungo e – quando le cose non vanno per il verso giusto – piuttosto costoso: il prezzo del fallimento, dell’imparare per esperienze negative.
D’altra parte – e qui vengono le buone notizie – oggi abbiamo la possibilità concreta di maturare queste esperienze in modo diverso. I piloti di Formula 1 imparano a guidare nei circuiti di tutto il mondo stando seduti davanti ai simulatori; lo stesso fanno i piloti d’aereo, gli architetti e i progettisti.
Possono farlo anche quelli che si occupano di Supply Chain?
Naturalmente sì: attraverso i digital twin e le business simulation oggi riusciamo a modellizzare in modo molto realistico la complessità delle Supply Chain. Possiamo osservare e riflettere su ciò che accade modificandone la struttura e il dimensionamento. Possiamo vedere l’effetto delle variazioni di contesto e la capacità di reagire a stress esterni di varia intensità.
Prendiamo ad esempio un processo tipicamente cross funzionale come il Sales & Operations Planning: attraverso questa attività mensile, che si trova al limite tra la pianificazione strategica e quella tattica, bisogna raccordare le esigenze di mercato (il demand plan), quelle operative (il supply plan, declinato in forme quali il production plan, il capacity plan e/o il logistic plan) e quelle finanziarie (tipicamente, l’inventory plan). I diversi stakeholder del processo devono confrontarsi per prendere decisioni riguardanti i mesi a venire, sforzandosi di giungere a trade-off accettabili per tutti e capaci di raccordare al meglio le esigenze di ciascuno.
Chi ha avuto la fortuna di partecipare al Sales & Operations Planning in un’azienda sa quanto questo processo sia delicato ma insostituibile e imprescindibile. L’ha imparato, molto spesso, scoprendo la differenza tra un “prima” senza S&OP ed un “dopo” con l’S&OP.
Per fortuna oggi possiamo evitarci il costo del “learning by doing” sul campo: sessioni di training basate su business game – in grado di rappresentare con grande realismo queste dinamiche – consentono di vedere concretamente e nel giro di pochi minuti la differenza che può fare un processo di integrazione collaborativa tra diverse funzioni aziendali. In questi ambienti digitali simulativi si possono sfidare le proprie convinzioni, prendere rischi che in azienda non ci farebbero dormire, testare ipotesi non convenzionali. E trarre un senso da tutto questo, come se lo avessimo fatto realmente.
Tornando all’esempio del Sales & Operations Planning, si può vedere nettamente la differenza tra un processo decisionale funzionale (i “silos”) ed uno integrato: emerge immediatamente il valore della collaborazione, della comunicazione, dell’uso di un unico set di informazioni, del prendere le decisioni insieme. E scoprirne il riflesso immediato in termini di servizio al cliente, costi e – in ultima analisi – profitto.
Attraverso business game basati su digital twin e business simulation si può quindi attivare una modalità di apprendimento molto profonda, che si addice bene allo studio della complessità: dove cioè non è facile astrarre tutto in teorie semplici, ma bisogna lavorare sull’iterazione di Kolb per osservare, riflettere, astrarre ed applicare, incrementando progressivamente la confidenza e la consapevolezza di ciò che siamo chiamati a gestire in modo rapido e senza esitazione. Come se fosse semplice.
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